Sebbene quasi centenario e messo a punto per la fotografia analogica di grande formato, il sistema zonale di Ansel Adams con la sua scala tonale rappresenta ancora oggi un importante aiuto per la corretta esposizione e la previsualizzazione dei nostri scatti.
Nell’articolo precedente abbiamo analizzato i metodi e gli strumenti che possiamo utilizzare per la misurazione dell’esposizione.
Abbiamo visto che affidandoci all’esposimetro integrato nella macchina fotografica potremo eseguire una misurazione per luce riflessa direttamente dal punto di ripresa. Si tratta probabilmente del metodo più rapido ed intuitivo ma risente di alcune limitazioni. È infatti influenzato dalla tonalità del soggetto, dalla composizione della scena inquadrata, dalla lunghezza focale dell’ottica installata e, non ultimo, risente della modalità esposimetrica impostata e delle eventuali interpretazioni applicate dall’elettronica della nostra fotocamera.
Utilizzando invece un esposimetro esterno ed avvicinandoci al soggetto potremo eseguire la lettura per luce incidente, ovvero misurare l’effettiva quantità di luce che arriva sulla scena senza essere influenzati né dalla sua tonalità né da altro.
Dobbiamo anche ricordare che l’esposimetro fornirà sempre le indicazioni necessarie per riprodurre il nostro soggetto come se avesse una tonalità media del 18%, e lavorando in luce riflessa ciò può condurre ad errori. Questa caratteristica però rappresenta anche un importante punto di partenza per “previsualizzare” l’immagine che vogliamo realizzare iniziando ad interpretare il soggetto.
La scala tonale di Ansel Adams
L’uso consapevole di un esposimetro a luce riflessa, sia esso manuale o TTL, presuppone la capacità di saper riconoscere ed interpretare le luminanze di alcuni soggetti di riferimento. La luminanza è la quantità di luce riflessa da un corpo, e a tal scopo può venirci ancor oggi in aiuto la scala di zone e densità definita da Ansel Adams per il suo sistema zonale.
Tale scala prevede la suddivisione della gamma tonale di un’immagine in undici zone, numerate da 0 a 10 e identificate con numeri romani. La zona 0 rappresenta il nero assoluto e la zona X il bianco puro, entrambi senza dettagli riconoscibili.
In termini esposimetrici ogni zona dista di 1 stop – o 1 EV – dalla precedente e dalla successiva ed è rappresentativa di un soggetto specifico. La zona V, ad esempio, corrisponde alle carnagioni scure ed abbronzate. Soprattutto, però, rappresenta il famigerato grigio medio al 18%, ovvero il valore di riferimento delle letture esposimetriche!
La scala tonale e la misurazione dell’esposizione
Va da sé che, volendo fare il ritratto ad una persona dalla carnagione molto chiara (diciamo zona VII-VIII), dovremo avvicinarci il più possibile con la nostra fotocamera sino a riempire l’intera inquadratura con il volto del soggetto, per poi compensare (sovraesporre) di due/tre stop la lettura così ottenuta. Utilizzando infatti i valori forniti dall’esposimetro, la tonalità dell’incarnato verrebbe registrata come più scura (zona V) e richiederebbe poi una compensazione in post produzione.
Proprio in queste situazioni tornano estremamente utili gli esposimetri esterni in grado di effettuare la misurazione spot, come il Sekonic L-858D. Pur effettuando la lettura dell’esposizione in luce riflessa, infatti, il loro mirino consente di inquadrate e determinare con estrema precisione l’area da misurare, senza che il resto della scena influenzi la rilevazione.
Chi ha la possibilità di avvicinarsi al soggetto troverà insostituibile la praticità della lettura per luce incidente. Per questa misurazione viene posizionata davanti al sensore dell’esposimetro una cupola di materiale opalino, detta lumisfera. Tale accessorio è fondamentale per raccogliere e mediare la luce che cade sul soggetto da diverse direzioni. La misurazione della luce incidente viene effettuata posizionando l’esposimetro in prossimità del soggetto e puntando la lumisfera verso la fotocamera. La lettura così effettuata non tiene conto del contrasto della scena né del tono del soggetto ripreso. Infatti si basa unicamente sulla reale intensità della luce. Ciò fa sì che i valori così ottenuti possano essere direttamente utilizzati per il nostro scatto senza necessità di individuare le varie zone di densità né di apportare correzioni.
Il triangolo dell’esposizione
Impostazione di sensibilità, tempo di otturazione e apertura di diaframma sono i parametri che ci consentono di determinare l’esposizione e sono strettamente legati fra loro. Non a caso vengono considerati i vertici di quello che viene chiamato il triangolo dell’esposizione.
Oltre ad influenzare l’esposizione, ciascuno di essi ha anche degli effetti secondari che incideranno sulla cifra stilistica delle nostre immagini. Proprio per questo motivo potremmo voler scegliere di scattare con un certo tempo di otturazione o con una certa apertura di diaframma e dovremo pertanto adeguare gli altri due parametri al fine di mantenere in equilibrio il nostro triangolo.
Sensibilità.
La sensibilità si esprime in ISO e determina la quantità di luce necessaria alla nostra macchina fotografica per eseguire la ripresa. Più il valore è basso e maggiore sarà la quantità di luce necessaria. Importante considerare che ad ogni raddoppio del valore ISO – come passando da 100 a 200 ISO – dimezzeremo la quantità di luce necessaria per registrare la nostra scena, e viceversa.
Tempo di otturazione
Il tempo di otturazione determina l’intervallo entro cui la luce potrà arrivare sul sensore. Il valore della nostra scala è il denominatore di una frazione, quindi a numero alto corrisponde tempo breve. Credo sia abbastanza logico poter affermare che in 1/125 di secondo passerà il doppio della luce che in 1/250 di secondo. Anche in questo caso, come con la scala della sensibilità, possiamo dedurre che ad ogni raddoppio o dimezzamento del valore avremo un raddoppio od un dimezzamento della quantità di luce in transito.
Apertura di diaframma
Il valore di apertura determina le dimensioni del foro attraverso cui passerà la luce diretta al nostro sensore. Possiamo paragonarlo al grado di apertura di un rubinetto: foro piccolo o rubinetto poco aperto corrispondono a minimo passaggio di luce, e viceversa. A causa dei sui valori un po’ particolari, dei tre parametri è forse quello meno intuitivo. Ciò che ci interessa sapere è che, anche per il diaframma, passando da un valore a quello intero precedente o successivo avremo un raddoppio od un dimezzamento della quantità di luce in transito.
Il concetto di “stop”
L’intervallo fra un’apertura di diaframma od un tempo di posa e quello immediatamente successivo o precedente viene comunemente definito “uno stop”. È importante evidenziare che, mentre con macchine di analogica memoria, ogni scatto delle ghiere di regolazione rappresentava effettivamente un raddoppio od un dimezzamento dei valori, le odierne fotocamere presentano regolazioni più fini, solitamente in terzi di stop. Per passare da un valore intero a quello precedente o successivo, pertanto, saranno necessari tre scatti della ghiera.
Appreso e fatto nostro questo fondamentale meccanismo di “raddoppio” o “dimezzamento”, sarà molto più semplice capire come fare per modificare la terna di valori proposti dall’esposimetro al fine di mantenere in equilibrio il triangolo dell’esposizione in funzione del tipo di fotografia che intendiamo realizzare.