Sappiamo tutti che il diaframma regola quanta luce attraverserà l’obbiettivo, ma la sua utilità non si esaurisce qui…
In un articolo precedente abbiamo definito quali sono i tre parametri da padroneggiare, in funzione della quantità di luce presente sulla scena, per raggiungere la corretta esposizione delle nostre fotografie. Abbiamo anche visto quali sono le impostazioni che abbiamo a disposizione per dare priorità ad uno di questi valori e lasciar calcolare gli altri alla macchina fotografica.
Dovremmo anche aver capito che, se l’unico fine è quello di esporre correttamente le nostre immagini, le combinazioni possibili di sensibilità, tempo di scatto e diaframma sono veramente numerose. Perché allora preoccuparsi di scegliere un particolare tempo o un particolare diaframma?
Se la scelta del tempo di scatto influisce su come la nostra immagine registrerà il movimento, un valore di diaframma più aperto o più chiuso ci permetterà di gestire quali saranno le zone nitide e le zone sfuocate.
Ma partiamo dall’inizio…
Il diaframma
Il diaframma è un elemento meccanico presente nell’obiettivo della macchina fotografica, per la precisione in quello che viene chiamato “centro ottico” della lente. La sua funzione è quella di variare il diametro del foro attraverso cui passa la luce che colpirà il sensore.
La scala che indica le aperture di diaframma è composta da strani valori numerici, preceduti dal simbolo f/, che spesso, per praticità, sulle fotocamere viene emesso:
f/1 — f/1,4 — f/2 — f/2,8 — f/4 — f/5,6 — f/8 — f/11 — f/16 — f/22 — f/32 eccetera
Perché una scala così strana e poco intuitiva e, soprattutto, cosa significa il simbolo f/?
Lo scopo di questi numeri è quello di indicare in modo omogeneo la “quantità” di luce che transita nell’ottica e che quindi sarà in grado di fornire lo stesso valore di esposizione anche con obiettivi di lunghezza focale diversa. Per fare ciò, dovremo indicare l’apertura in funzione della lunghezza focale, e il simbolo f/ sta proprio ad indicare quest’ultima.
Proviamo ad esemplificare:
- l’“apertura relativa” del diaframma corrispondente a f/2 di una lente con lunghezza focale 100mm avrà un diametro nominale di 50mm: 100mm/2 (cioè f/2) = 50mm
- la stessa “apertura relativa” per un’ottica da 50mm sarà di soli 25mm: 50mm/2 = 25mm.
Questo, tra le altre cose, ci spiega perché i teleobiettivi “luminosi”, quindi capaci di ampie aperture di diaframma, abbiano sempre dimensioni e pesi considerevoli.
Così come accade per i tempi, la scala sopra indicata riporta solo incrementi interi di 1 stop. Non è raro trovare fotocamere che consentano di impostare anche scatti di mezzo stop o di 1/3 di stop per una più precisa regolazione.
Controllare l’esposizione
Negli articoli precedenti lo abbiamo paragonato ad un rubinetto che, a seconda del grado di apertura, lascerà passare un flusso d’acqua più o meno copioso.
Dal punto di vista dell’esposizione, pertanto, il suo uso risulta abbastanza intuitivo:
- La scena è molto illuminata? Chiuderò il diaframma (valori alti: 11, 16).
- Devo scattare con poca luce? Lo aprirò fin che il mio obiettivo me lo consente (2,8, 2 o anche di più).
Controllare la profondità di campo
Da un punto di vista più “artistico” però, il diaframma svolge una ulteriore funzione. Ci consente infatti di decidere l’estensione della porzione di immagine da registrare nitidamente: in poche parole, la profondità di campo.
Ogni obiettivo può essere messo a fuoco ad una particolare distanza e, da un punto di vista squisitamente teorico, solo gli oggetti presenti a tale distanza verrebbero riprodotti nitidamente. Nella pratica, invece, la zona nitida si estende anche un po’ prima ed un po’ dopo il piano di messa a fuoco fissato, e l’impiego di un valore di diaframma più o meno chiuso ci consente di regolare quanto questa zona di nitidezza debba estendersi.
L’uso di un diaframma aperto comporterà una ridotta profondità di campo. L’immagine sarà nitida solo sul piano focheggiato, e le altre zone diverranno subito sfuocate. Una regolazione di questo tipo può essere utile per isolare il soggetto dallo sfondo, staccandone i piani.
Al contrario l’uso di un diaframma chiuso massimizzerà la profondità di campo, utile quando il soggetto si estende lungo l’asse di ripresa o quando si vogliono registrare in modo nitido elementi presenti su diversi piani della scena.
Se siete interessati a scoprire qualcosa in più sulla profondità di campo, potete proseguire la lettura con questo articolo!
FANTASICO SPIEGAZIONE SEMPLICE E CHIARO COME SOLAMENTE TU SAI FARE COMPLIMENTI.
Ciao Bruno, grazie del commento! Apprezzatissimo! 🙂