La luce bianca può essere ottenuta con spettri molto differenti fra loro, che inevitabilmente influenzano la resa del colore.
Vediamo come misurare e valutare la qualità della luce.
Abbiamo già visto in un precedente articolo come la “comune” luce bianca sia in realtà una miscela di… tanti luci colorate.
Del resto non si tratta di una scoperta recente: gli esperimenti di scomposizione della luce con il prisma furono compiuti da Isaac Newton nientemeno che a metà del 1600!
Spettri palesemente disuniformi sulle varie bande di frequenza portano inevitabilmente a una percezione e, soprattutto, ad una registrazione dei colori non corretta e non correggibile. Non si tratta di una possibilità remota: ogni sorgente luminosa, in realtà, influisce inevitabilmente sulla percezione del colore. Proprio per questo motivo già da alcuni anni è stato messo a punto un metodo per misurare e valutare la qualità della luce, ovvero la sua capacità di rendere fedelmente i colori.
Il CRI, ovvero l’indice per valutare la qualità della luce
L’indice di resa cromatica (CRI o Color Rendering Index) di una sorgente luminosa ci aiuta a misurare la qualità della luce e viene ottenuto analizzando quanto appaiano naturali i colori degli oggetti da essa illuminati.
Espresso con un valore compreso fra 0 e 100, il CRI viene calcolato misurando lo scostamento delle coordinate cromatiche di alcuni campioni colore illuminati dalla sorgente in esame confrontate con quelle rilevate sotto una sorgente di riferimento. Nella prima versione, messa a punto nel 1964, il CRI prendeva in considerazione otto tinte. In un secondo momento sono stati aggiunti altri sei campioni, relativi a tonalità “critiche”.
Se, passando dalla sorgente campione a quella in esame, la misurazione del campione non varia, l’indice di resa cromatica per quello specifico colore è pari a 100. Ciò significa che la sorgente luminosa analizzata è adatta a riprodurre correttamente oggetti di quella tinta.
Quanto raccontato sinora vi sembra un concetto astratto e di scarso impiego pratico? Proviamo ad analizzare il comportamento di alcune sorgenti luminose di comune impiego nel campo fotografico.
La luce solare
Iniziamo dalla misurazione effettuata alla luce solare di una limpida mattinata autunnale.
Possiamo notare la distribuzione spettrale con un picco nel blu/verde, che riflette l’elevata temperatura colore (circa 8000K). Gli indici di resa colorimetrica sono molto elevati per ciascuno dei quindici campi: i quattordici campioni ed il valore medio.
La lampadina ad incandescenza
Passiamo alla misurazione di una lampadina ad incandescenza da 500W. Sicuramente uno dei sistemi di illuminazione artificiali più diffusi, almeno fino ad un recente passato.
A dispetto di uno spettro ben diverso da quello solare, anche a causa della più bassa temperatura colore (circa 3000K), gli indici di resa cromatica della lampadina sono ottimi e molto simili a quelli della luce solare. Del resto il filamento è un corpo incandescente… proprio come il sole!
Le lampade fluorescenti
Spesso preferite per la loro temperatura colore “daylight”, simile a quella solare, le lampade fluorescenti sono l’esempio più evidente di come una “percezione” piacevole possa in realtà nascondere problemi più subdoli e più gravi.
Se a prima vista il loro bianco può apparire piacevole, basta osservare il loro spettro per rendersi conto di quanto siano diverse dalla luce solare e dalla lampadina. Mentre le prime due sorgenti avevano un’emissione senza soluzione di continuità lungo tutto lo spettro, così non è per la fluorescenza. Lo spettro di queste sorgenti è caratterizzato da picchi, generati dai fosfori impiegati che sono alla base di questa tecnologia. Nonostante la lampada in esame abbia un punto di bianco pressoché ideale, 5100K, il suo grafico degli indici di resa cromatica mostra importanti lacune. Dobbiamo infatti considerare che valori inferiori a 90 sono indici di criticità. Come potremmo percepire (o fotografare) il colore di un oggetto rosso sotto questa luce?
C’è LED e LED…
Sia in ambito domestico che fotografico, negli ultimi tempi la popolarità delle lampade a fluorescenza è stata soppiantata dai LED. Nonostante questa tecnologia sia alla base di innumerevoli tipi di lampade di svariata foggia e potenza, le rese colorimetriche sono tutt’altro che omogenee. Confrontiamo un pannellino economico, di quelli comuni sia nei negozi fisici che virtuali, con una lampada LED caratterizzata da una più elevata qualità.
A fronte di uno spettro simile, indice di lampade basate su medesima tecnologia e temperatura colore, gli indici di resa del colore sono totalmente diversi. Non ottimo ma accettabile per impieghi non critici quello della lampadina, assolutamente inaffidabile quello del pannellino.
Consigli per la scelta
Non sempre in fase di acquisto è possibile avere a disposizione uno strumento che consenta di misurare la qualità della luce. Gli spettrocolorimetri come il Sekonic C800 sono strumenti piuttosto costosi. In questo caso, allora, il consiglio è quello di affidarsi a marchi che, oltre al valore di temperatura colore, dichiarino anche quello del CRI!