Presente sul display della fotocamera e nelle videate dei software di fotoritocco, l’istogramma è uno strumento di grande utilità. Analizziamolo da vicino per imparare a leggerlo.
L’istogramma è sicuramente uno degli strumenti più interessanti introdotti dalla fotografia digitale. Presente sul display della fotocamera e nelle videate di ogni software di sviluppo o fotoritocco, l’istogramma può rappresentare un aiuto valido ed oggettivo per la valutazione dei propri scatti, ma proprio per il fatto di essere comune e diffuso, rischia a volte, paradossalmente, di essere ignorato o sottovalutato. Siamo certi di conoscere il suo significato per saperlo interpretare ed utilizzare correttamente? Proviamo ad analizzarlo insieme.
L’istogramma: cos’è e a cosa serve
L’istogramma è una rappresentazione grafica che si prefigge lo scopo di rendere facilmente consultabile una serie di dati. Utilizzato in molti campi, nel caso della fotografia digitale esprime la distribuzione dei pixel di un’immagine in base alla loro luminosità.
Si presenta con due assi perpendicolari: sull’asse delle ordinate (verticale) troviamo l’indicazione della quantità di pixel dell’immagine che corrispondono ad una data luminosità; sull’asse delle ascisse (orizzontale) abbiamo invece la rappresentazione della gamma dinamica della nostra immagine, ovvero l’intervallo fra le alte luci e le ombre, ai cui due estremi troviamo i valori numerici 0 a sinistra, ad indicare il nero, e 255 a destra, ad indicare il bianco.
Volendo suddividere in tre parti l’asse orizzontale dell’istogramma potremo trovare:
- Nel primo terzo, a sinistra: i toni scuri o ombre,
- Nella parte centrale: i mezzi toni,
- Nell’ultimo terzo, a destra: i toni chiari, o alte luci
L’istogramma visualizzato dalla macchina fotografica dopo lo scatto serve a valutare la qualità dell’esposizione. Il diagramma, infatti, rappresenta graficamente la gamma tonale della fotografia scattata e, diversamente da quanto potrebbe accadere con la visualizzazione dell’immagine sul display, non viene influenzato né dal livello di retroilluminazione di quest’ultimo, né dall’illuminazione ambiente, ma indica oggettivamente la distribuzione dei pixel catturati in base alla loro luminosità.
In particolare:
- se l’istogramma presenta la maggior quantità di pixel a sinistra, ovvero nella zona delle ombre, la nostra immagine sarà scura;
- se l’istogramma presenta la maggior quantità di pixel a destra, ovvero nella zona dei toni chiari, la nostra immagine sarà chiara;
- se l’istogramma presenta una equa distribuzione dei pixel lungo tutta la gamma, ed una collina al centro, la nostra immagine sarà esposta correttamente.
L’istogramma serve però anche a valutare il contrasto della scena ripresa. Se il grafico si presenta sotto forma di una “collina” più o meno centrale, i cui estremi non giungono sino ai limiti della scala orizzontale, la nostra immagine sarà “piatta”, ovvero caratterizzata da basso contrasto.
Al contrario, se il grafico presenta due “colline” ai lati della scala ed una sorta di “valle” nel centro, l’immagine a cui si riferisce sarà contrastata.
Leggere o interpretare?
Se bastasse leggere pedissequamente l’istogramma seguendo le indicazioni che vi ho fornito nel paragrafo precedente, sarebbe tutto fin troppo semplice.
Pixel a sinistra, foto sottoesposta; pixel a destra, foto sovraesposta: regolo tempo, diaframma o sensibilità sino a riportare la mia “collinetta” di pixel in centro al grafico.
In realtà l’istogramma – come del resto anche l’esposizione – deve sempre essere valutato in relazione alla scena ripresa. Vi sono infatti selle situazioni in cui, guardando unicamente il diagramma, potremmo avere la sensazione che il nostro scatto non sia stato esposto correttamente.
Correlazione immagine/istogramma
Pensiamo ad un paesaggio notturno, od una foto low key, che sarà caratterizzato da una gran quantità di pixel nella parte sinistra del grafico, perché del resto la luminosità di una scena di questo tipo è effettivamente è scarsa, e non potrebbe essere diversamente.
Oppure pensiamo ad un paesaggio innevato, o ad una foto high key, che al contrario sarà caratterizzato da pixel nella parte destra del grafico perché in una scena di questo tipo difficilmente troveremo ombre e mezzitoni.
Potrei proseguire con infiniti esempi di scene inquadrate ed i loro relativi grafici… ma l’importante è comprendere che un istogramma con la classica curva a campana centrale, spesso semplicisticamente considerato sinonimo di corretta esposizione, potrà essere ottenuto solamente fotografando un soggetto “medio”… proprio come il famoso cartoncino grigio utilizzato per l’esposizione.
L’istogramma come spia di un problema
C’è però almeno un caso in cui dobbiamo prestare attenzione alla distribuzione dei pixel per correre ai ripari.
E’ quando la curva rappresentata dal nostro istogramma si “appoggia” ad uno dei due estremi creando una sorta di picco, siamo in presenza del fenomeno noto come “clipping” ovvero una eccessiva sovra o sottoesposizione con perdita di informazione e leggibilità nelle alte o nelle basse luci.
Scattando in jpeg l’immagine sarebbe definitivamente danneggiata, scattando in raw probabilmente potremmo tentare un parziale recupero ma… perché rischiare? Molto meglio correggere subito l’esposizione e ripetere lo scatto.
C’è poi almeno un’altra situazione in cui l’istogramma dovrebbe richiamare la nostra attenzione. È il tipico caso di quando, in post produzione, tentiamo di applicare il bilanciamento del bianco ad uno scatto jpeg scattato con impostazioni molto distanti dalla “neutralità” ma anche quando applichiamo correzioni troppo spinte con curve o livelli e l’istogramma inizia ad assomigliare ad un pettine. I “buchi” che si vengono a creare denotano un’assenza di pixel per determinati livelli di luminosità e sono chiaro indice di degrado dell’immagine.