Disponibile in svariate forme e dimensioni, il softbox è uno dei modificatori di luce più utilizzati per ammorbidire la luce di una sorgente “dura”. Vediamo come cambia la resa del softbox avvicinandolo od allontanandolo dal soggetto.
Il softbox è certamente uno dei light shaper più utilizzati per ammorbidire la resa delle sorgenti di luce puntiformi, quali i flash da studio, i flash a slitta e gli illuminatori LED a torcia. Il principio di funzionamento è basato su un semplice concetto: aumentando la superficie di emissione, la luce diviene più morbida e diffusa.
Partendo sempre da questa affermazione dovrebbe essere facile comprendere perché un flash a slitta, dotato di una piccola parabola, fornirà sempre una luce “più dura” di quella emessa da un flash da studio, dotato di un tubo flash tondo che riempie una parabola di dimensioni più generose.
Forme e misure dei softbox
L’offerta del mercato è quanto mai ampia e variegata e comprende softbox di numerose forme ed infinite dimensioni.
Alcuni modelli, poi, offrono anche ulteriori possibilità di “modulazione della luce”, per mezzo di teli diffusori aggiuntivi, griglie od altri accessori che possono essere installati o rimossi all’occorrenza.
Sebbene sia oramai possibile trovare softbox adatti alle esigenze di ogni nostro singolo set, non possiamo esimerci dal fare i conti con l’investimento economico necessario ad acquistarne parecchi.
Ecco perché può essere utile imparare a modulare la resa di quelli già in nostro possesso ricorrendo ad un piccolo trucco assolutamente gratuito.
La prima cosa che dobbiamo imparare per quanto concerne la resa della luce di un softbox è che ciò che conta non è tanto la sua dimensione “assoluta”, ma il rapporto fra la sua dimensione e quella del soggetto.
Pensiamo per un istante al Sole: si tratta certamente di una sorgente di luce di enormi dimensioni, più grande di qualsiasi “soggetto” presente sulla Terra. Allo stesso tempo è però anche incredibilmente lontana. La distanza lo trasforma così in una sorgente luminosa quasi puntiforme e, di conseguenza, contrastata.
Basti pensare alle ombre proiettate in una giornata soleggiata, soprattutto in assenza di nuvole che possano funzionare da softbox ammorbidendo i raggi solari.
Lo stesso concetto può essere applicato al nostro softbox. Posizionato in prossimità del soggetto rappresenterà, in proporzione, una sorgente luminosa di “grandi dimensioni”, mentre allontanandolo si trasformerà in una luce più piccola e di conseguenza più contrastata.
L’allontanamento del softbox dal soggetto ci costringerà anche a compensare l’esposizione… ma questo è un altro argomento 😉
La resa del Softbox da vicino
Vediamo in questo esempio i risultati ottenuti con il softbox posizionato a 1 metro di distanza dal soggetto.
La resa del Softbox da lontano
Vediamo in questo esempio i risultati ottenuti con il softbox posizionato a 2 metri di distanza dal soggetto.
Come influisce la distanza del softbox dal soggetto
Lo scatto realizzato con il punto luce vicino e quello realizzato con il punto luce più lontano.
Come possiamo notare, la transizione della zona illuminata verso la zona d’ombra è nettamente più morbida e graduale nello scatto realizzato con il softbox vicino rispetto a quello realizzato con il punto luce più distante.
Lo scatto realizzato con il punto luce a distanza doppia mostra un contrasto generale più elevato. Possiamo notarlo anche dall’ombra più netta proiettata sul collo della modella.
È altresì importante rilevare anche una sorta di “effetto collaterale”. Il softbox, utilizzato da vicino, ci consente di illuminare il soggetto in modo per così dire più selettivo. L’impiego ravvicinato, infatti, da un lato ridurrà l’allargamento del fascio luminoso e dall’altro, sfruttando la caduta di luce descritta dalla mitica regola nota come “legge dell’inverso del quadrato della distanza”, ci consentirà di non illuminare lo sfondo. Nello scatto realizzato con il punto luce vicino al soggetto possiamo infatti notare che il fondale è sensibilmente più scuro.